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30 aprile 1848, la 2ª a Cavallo ai fatti d'arme di Pastrengo (incisione Stanislao Grimaldi)

30 aprile 1848, la 2ª a Cavallo ai fatti d’arme di Pastrengo (incisione Stanislao Grimaldi)

Da Rinaldo Panetta, Le Volòire. Storia delle Batterie a Cavallo, Trevi Editore, Roma, 1968 (pagg. 32-34):

Torniamo ora a Pastrengo per vedere come la stessa Batteria del capitano Di Priero prese per la prima volta posizione al galoppo.

Mentre il mattino del 30 aprile la Prima Batteria del capitano Ponza di S. Martino sparava a mitraglia sul nemico dalle alture di Sona e di Santa Giustina, la Seconda, reduce dal caotico e sanguinoso fatto d’arme di Mantova, si trovava dislocata in riserva a Valeggio. Metà batteria, però, al comando del te­nente Bottacco (la stessa che aveva arrestato gli Austriaci usciti dal forte di Belfiore) era stata con­dotta da La Marmora a Sandrà. Alle ore 1 del pomeriggio, non appena il maggiore si rese conto che il nemico, sotto l’attacco delle nostre truppe, pur battendosi da tutte le parti, si stava ritirando da Pastrengo verso Verona, pensò di inseguirlo per tentare di tagliargli la ritirata verso l’Adige.

« Con questo scopo – scrive ancora La Marmora – prendo a Sandrà la mezza batteria a cavallo del tenente Bottacco e, scortata da uno squadrone di Piemonte Reale (cap. Sigala), corro a Pastrengo. Le alture erano tutte guarnite di bersaglieri, di « Savoia » e delle Guardie, ma in Pastrengo non v’era truppa ancora.

« Ordino allora alla mezza batteria di fermarsi e col pelottone del tenente Ghilini entro in Pastrengo e trovandolo deserto già avanzavo verso Piovezzano quando un grosso di fanteria nemica sboccava dalla contrada. A mal grado il terreno poco propizio ordino al pelottone di caricare e cadono in questa carica il sottotenente Bevilacqua e il furiere Turco.

« Vedendo che da quella parte non v’era strada che conducesse all’Adige, ritorno prontamente alla batteria quando appunto cominciava a tirare sulle truppe che occupavano Piovezzano. Poco dopo, giungendo i primi bersaglieri della nostra fanteria e vedendo che il nemico fuggiva, portai la mezza batteria sul monticello di rimpetto a Piovezzano. A un tratto ci vediamo attorniati da bersa­glieri e compagnie nemiche, ma giudicando dall’attitudine loro che erano truppe erranti… senza troppo lasciarcene imporre, con qualche colpo a mitraglia finimmo di romperle e disperderle…» ( 11).

L’esito del combattimento di Pastrengo non fu sfruttato come desiderava il La Marmora, il quale, a conclusione, scrisse che in quella giornata: 

« … nullameno si fecero 500 prigionieri,  oltre  a  400  e più  morti ».

Comunque, per la prima volta  nella  loro storia, le Volòire avevano manovrato sul campo di battaglia e preso posizione al galoppo, come narra appunto con modestia La Marmora. Non può però sfuggire il significato della frase: « prendo la 2ª mezza batteria a cavallo e corro a Pastrengo ». In effetti, per battere la resistenza delle retroguardie austriache, il La Marmora si lanciò avanti al galoppo col 3° squadrone del « Piemonte Reale » e con i cannoni del tenente Bottacco. La Volòira prese posizione al galoppo e, mentre lo squadrone entrava in Pastrengo, aprì il fuoco contro le fanterie austriache che da Piovezzano reagivano con tiri ravvicinati. Inoltre La Marmora,  appena  lanciato  alla carica un plotone di cavalleria per disperdere il nemico, spostò una sezione della mezza batteria la quale, sempre al galoppo, attraversò il villaggio, si arrestò allo sbocco della strada e, posti velocemente in batteria i due pezzi, riaprì il fuoco cacciando, con rapidi e aggiustati colpi  a  mitraglia,  gli  Austriaci dal Ròccolo, ultimo loro rifugio.

Fatta poi avanzare l’altra sezione, andò ad occupare la posizione che il nemico era stato costretto ad abbandonare dalle cannonate a mitraglia. E così, di posizione in posizione sempre più vantaggiosa, il tenente Bottacco giunse a piazzarsi sul monte dell’Oliveto da dove batté i fuggiaschi con alcuni colpi a mitraglia mentre con altri a palla colpì una colonna che dai monti delle Costiere si ritirava verso il villaggio di Ponton. Fino a che, verso le 4, ricevette l’ordine di ritirarsi.

In questo singolare fatto d’armi la mezza batteria comandata dal tenente Bottacco consumò 50 colpi, dei quali 32 a mitraglia, dato che le forze nemiche si trovavano a non più di 400 metri ed erano formate da soli fucilieri (12).

Il portarsi audacemente sulle prime linee e, non di rado, oltre le linee stesse della fanteria, a diretto contatto col nemico, sul quale però occorreva sparare a mitraglia, è un fatto che si ripeterà più volte nella storia delle Volòire.

La sera del 30 aprile il tenente Bottacco faceva ritorno a Castelnuovo e si ricongiunse con il suo reparto. Nello stesso giorno il capitano Di Priero, con l’altra mezza batteria, non era rimasto inattivo. Mentre una sezione aveva seguito al trotto tre squadroni del « Savoia Cavalleria » per prendere posizione a Staffalo, onde prevenire sorprese nemiche da quella direzione, il capitano con la se­zione degli obici s’era recato, seguendo anch’egli altri squadroni di cavalleria, a Santa Giustina ove si unì a una sezione della lª Batteria di posizione del capitano Avogadro.

Il nemico tentò due attacchi : uno da Bussolengo, l’altro dalla strada di Verona. Mentre qui uno squadrone di cavalleria nemica (Ulani), che aveva caricato sino all’Osteria del Bosco, veniva mitragliato e respinto da una mezza batteria della 4ª di battaglia, sulla direzione di Bussolengo una colonna di fanteria veniva battuta e dispersa dai pezzi di Di Priero e di Avogadro, che, sparando a mitraglia dalle brevi distanze, seminarono il panico e la morte nelle file austriache. Il giorno seguente, 31 aprile [sic!], la sezione obici di Di Priero raggiunse Osteria del Bosco.

 


Note

(11) « Relazioni e Rapporti finali ecc. » – Vol. III, pag. 58. « Relazione La Marmora ».

(12) Il racconto dell’episodio, oltre che dalla narrazione del La Marmora, è stato desunto dal « Rapporto » del mag­gior generale Rossi, comandante l’artiglieria dell’Armata, il quale cosi conclude: « Questa mezza batteria della 2ª a cavallo si distinse tanto per sangue freddo quanto per intelligenza e attività spiegata, non solo dal tenente Bottacco suo comandante, ma anche da tutti quei bravi cannonieri. Il sergente Brigada si distinse in special modo pel suo coraggio ». Il tenente Bottacco e il sergente Brigada furono decorati con medaglia d’argento al v.m. ( « Relazioni e Rapporti finali ecc. » – Vol. III, pag. 58).